Ludovica Fioravanti
Copywriter & Communication Specialist
Italiano/English
ludovicam.fioravanti@gmail.com
How do you spell D-A-N-C-E?
Lavanderia a Vapore
Progetto di dance writing per la rassegna di danza contemporanea "We Speak Dance".
Team di scrittori itinerante per tradurre in parole e immagini la visione coreografica.
Novembre 2022 - Febbraio 2024
Visione di un dittico
Elegia.
Movimenti circolari di busti che ondeggiavano su solide gambe, corpi atletici che si chiamavano e poi si respingevano. Gli stessi movimenti accadevano dentro di me mentre venivo trascinata in una spirale di sensazioni che si delineava nota e conosciuta, ma che non mi piaceva. Con il passare dei minuti tutto si ricongiungeva, il cerchio si chiudeva, ma provavo allo stesso tempo familiarità e necessità di distaccarmi, riconoscimento e rifiuto. Avevamo intrapreso un viaggio nella società contemporanea, stavamo riflettendo sulle sue principali caratteristiche e sulle sue problematiche. Venivamo improvvisamente rigettati in quel luogo di frustrazione tipico dei momenti in cui ci accorgiamo di dinamiche malsane, ma che allo stesso tempo identifichiamo così facilmente perché nostre. Enrico Morelli, coreografo della MM Contemporary Dance Company, sapientemente giocava con queste sensazioni contrastanti e ci aveva spinti giù nel burrone della riflessione teatrale. Troppo tardi per evitarlo.
In duetti ed ensemble potentissime, ballerini di altissima preparazione tecnica si cercavano, si volevano, si trovavano, si prendevano, si intrecciavano, si lasciavano. E subito si scambiavano, si fiondavano da altri. Questa velocità d’azione, quel risolversi così rapido di un rapporto per iniziarne un altro era una rappresentazione così veritiera della nostra esperienza che quasi mi infastidiva. La mancanza di scelta ma il forte desiderio di intersecarsi, l’assenza di obiettivo però l’urgenza di andare fino in fondo: queste erano le sfaccettature delle relazioni e interazioni umane del contemporaneo, che lo spettacolo così sapientemente ci presentava. Eravamo noi oggi, sovraccaricati da stimoli e infinite possibilità che finiscono per farci scegliere tutto, per volare con superficialità da una cosa all’altra, da una relazione all’altra. Con movimenti ampi cerchiamo di andarci a prendere tutto, per poi contrarci e cambiare direzione.
In questo scorrere del tempo, gli umani spasmodici di afferrare tutto sono uguali, omologati, conformati a questo modo di agire e di pensare. E così, di fronte a noi, otto ballerini neutralizzati dagli stessi costumi e le stesse pettinature.
Musiche di Chopin affiancate a brani di musica elettronica sincopata del ballerino Villarosa non davano spazio alla parola. Perché non si può più comunicare, questa frenesia non lascia spazio al confronto. Siamo soli, smarriti, isolati, le nostre parole sono solo interne, intime. Come la voce che ogni tanto recitava le parole di Mariangela Gualtieri: sporca, slabbrata, imprecisa, a volte si ripeteva e non sempre si comprendeva, proprio come se stessimo parlando a noi stessi, quando sappiamo già cosa vogliamo dire e non c’è bisogno di farci capire.
Ballade.
Secondo tempo. Sipario. Corpi a terra, tutti nella stessa posizione prona e stessa direzione, ma diversi fra loro. Indossavano tutti costumi differenti che lasciavano intravedere le caratteristiche dei personaggi, c’erano corpi con forme disparate che non venivano celate. C’erano capelli corti e lunghi, chiome sciolte, libere, ricce, lisce, more, bionde e rosse. È bastato uno sguardo per realizzare che ciò che prima era una circostanza data non doveva essere per forza così, come un po’ la nostra realtà: ci vuole distacco e prospettiva per ricordarsi che non è sempre stato così, che le interazioni funzionavano diversamente, che in altre epoche i desideri cambiavano, come anche i problemi.
Corpi a terra. Erano vivi e avevano una voce. Si muovevano precisi e decisi, tutti in sincronia, carichi di energia e ogni tanto si sbattevano al suolo con gran fragore. Il tutto mentre si aggiungevano al canto di uno di loro che recitava le parole del capolavoro della band punk-rock anni ’80 CCCP: “Amami ancora, Fallo dolcemente, Un anno, un mese, un'ora, Perdutamente”. Era una comunità unita, che man mano sommava le voci e si raccoglieva per uno scopo più alto. La ricerca della propria identità collettiva passava attraverso ogni corpo, rinvigorito e motivato, con quella tipica intensità di chi si ribella. Con la convinzione, la decisione e la determinazione che si moltiplica perché condivisa, con la mentalità di chi pianta i piedi a terra e non china il capo, ma in sincronia con i compagni lotta per qualcosa di più grande. Eravamo negli anni ’80. Come scesi dalla macchina del tempo dell’intervallo, Mauro Bigonzetti ci faceva gli onori di casa, portando la sua esperienza di quel periodo a Reggio Emilia fra collettivi, lotte studentesche e una generazione alla ricerca di una rinascita collettiva.
La nuova energia dei ballerini era sensuale, libera, disinibita e non costretta. Entravamo con loro in una discoteca pomeridiana e ognuno aveva il proprio stile: c’era il ragazzo a petto nudo con il gilet, quello con la camicia sportiva, la ragazza con il vestito a fiori, quella con i leggings di pelle rosa e la fascetta in testa. L’entrata nel club dava modo di presentarsi, nella propria unicità, con il proprio movimento. Dalle tende di capelli ricci e folti entravano ad uno ad uno nel club, prendendosi il proprio momento di gloria, come già era accaduto negli assoli, dove ogni corpo trasmetteva un’anima diversa, unica, distinguibile, particolare. Ma l’arrivo in discoteca era per trovare il partner della serata, crearsi la propria coppia. Così, una volta entrati, i ballerini sembravano puntare la propria preda, era unica questa volta, forse scelta dall’alcol o dalla droga.
A tratti invece tutta l’energia veniva catturata da un filo giallo che attraversava la scena, teso. Il tempo si faceva più dilatato e stavano tutti cauti nel toccarlo perché finiva sempre per avvolgersi e intrappolare qualcuno, in modo lento e inarrestabile. E alla fine qualcun altro lo liberava. Forse allora anche nella società degli anni ‘80 cadevamo inesorabilmente nel tunnel, diverso da oggi, ma finivamo per rimanere intrappolati. E anche allora la salvezza stava nelle nostre mani.
Nel profondo blu
Acqua siamo e acqua ritorneremo. Oscilliamo, avanti e indietro, fluidi, onde. Nel corpo e nella vita. Fluiamo nello scorrere del tempo. Balliamo come pesci nel mare. Per alla fine trasformarci. Nulla rimane uguale, everything flows.
Siamo spinti nel profondo blu. Acqua salata, rumori ovattati molto lontani. Luce quasi inesistente: uno spiraglio, fioco. I metri cubi di acqua sopra di noi filtrano tutto. La vita che esiste qui vaga nel movimento delle correnti e quasi nessuna vegetazione. Ogni tanto un’alga sparsa si appiccica alle squame di uno del branco. A furia di errare in questa densità blu notte, entriamo come in trans, mentre col branco ci muoviamo senza meta. Respiriamo insieme, in sintonia, siamo come un unico sistema. Siamo in sette diventati uno, oscilliamo per il palco come un feto nella pancia: sospesi, fluidi, densi.
Ma un basso più forte si fa sentire. Forse siamo risaliti troppo in superficie, quasi a galla. Anche la luce è aumentata. La distanza fra noi e fuori è sottile, sentiamo la musica scandita che suona nel mondo dell’aria, ci stiamo risvegliando dal nostro trans.
Iniziamo a danzare insieme, poi liberi. È una festa, saltiamo fra aria e acqua, spezzando l’uniformità che ci accomunava. Ci tuffiamo con vigore, tanto l’acqua attutirà. Fino a che essa non si trasforma in terra, solida, invalicabile, dura. Non facciamo in tempo ad accorgercene. Sbattiamo tutti sul pavimento. È aria e terra, non più acqua. Non siamo più acqua. Tutti corrono alla ricerca di un riparo, in questo nuovo mondo. Rimane un uomo, solo.
Sembra essere arrivato il predatore e siamo tutti all’erta, sospettosi, ci guardiamo come a disagio, senza fiducia, scappiamo, ci seguiamo. La domanda è: chi di noi prenderà? Nella foga impazziamo, stimoli elettrizzano il nostro corpo e così, sotto un cielo di luce bianca, cambiamo di nuovo.
La luna è un’esperienza solitaria. Pare deserta. L’uomo perso è qui un’ovvietà. Tutto si colora di bianco pallido. I suoni sono primitivi, sembra l’inizio della vita. La creazione da un foglio bianco. Come per la prima volta le orecchie sentono suoni, così anche il solitario cerca di farsi suonare con ciò che dispone: il corpo. Ricerca la corrispondenza con il luogo. Fino a quando una donna appare. Lei sembra sapere che musica tira qui. Non pare estranea, ma abituale. Entra un uomo che interrompe il momento. Cerca di fare colpo con capriole e acrobazie. Fortunatamente questa terra brulla è abitata. Ci sono più personaggi. Addirittura, un samurai. Sono una tribù che festeggia, che accoglie. Lo siamo diventati, una comunità in sintonia, un popolo che balla sulla stessa musica.
E ci ritrasformiamo. Siamo di nuovo pesci, siamo tornati nel profondo blu, siamo rimasti in sette ma formiamo un solo organismo. Abbiamo riprese ad ondeggiare, a fluire nel mare.
La religgioni
Post Mortem. L’attesa della dipartita.
Fuori dal portone, pioggia e nebbia.
Dentro la sala, candele e incenso.
Il rito sacro della preparazione
Per porgere i saluti finali.
Le offerte? Manca qualcosa?
Il volto coperto dal velo di tulle nero incastrato nel cerchietto,
La borsetta da riempire.
“Unn’è ca l’alcol?!”
“‘mmriacuna! Larruni!”
C’è chi crea e chi distrugge
In una spirale di bisogni.
Accoglienza, Intimità, Ordine.
Forse manca ancora una candela.
Corteggiu funebbri.
Quanto dura la cerimonia?
Parole, parole, parole.
Amunìnni. Non riesco a stare ferma sulla sedia.
La noia che contorce i corpi.
Uno strazio. “Unn’è ca l’alcol?!”
Ma poi arriva Lei, sola,
Si aggira ondeggiando
Come un vento caldo,
Di nero vestita
Porta doni,
Uno alla volta,
DO UT DES.
Tutto a un tratto: u paradisu.
Bianca è la luce.
Credo nella calma dopo il cammino
Ma anche qui non c’è riposo.
Chi è rimasto laggiù,
Animi Santi e Tutti li Santi, niatri simu suli e Vuiatri siti tanti. Livatimi stu malumuri e tutta sta cunfusioni chi avemu ‘nta u nostru cori.
In una coreografia di gesti letterali.
Edificiu sacru.
Hai monetine? Per la luce perpetua.
Le bollette, è rotto!
Dammi altre monetine.
Si spegne subito!
Monetina.
un’altra
un’altra ancora
non bastano
cerca bene
in fondo alla borsa.
E pigghiari tutto! Pure la borsa!
Che tanto Lei ci porterà via nudi,
Come la virgogna.
Fuori dal portone, pioggia e nebbia.
Dentro la sala, candele e incenso.
Il rito sacro della preparazione
Per porgere i saluti finali.
Le offerte? Manca qualcosa?
Il volto coperto dal velo di tulle nero incastrato nel cerchietto,
La borsetta da riempire.
“Unn’è ca l’alcol?!”
“‘mmriacuna! Larruni!”
C’è chi crea e chi distrugge
In una spirale di bisogni.
Accoglienza, Intimità, Ordine.
Forse manca ancora una candela.
Corteggiu funebbri.
Quanto dura la cerimonia?
Parole, parole, parole.
Amunìnni. Non riesco a stare ferma sulla sedia.
La noia che contorce i corpi.
Uno strazio. “Unn’è ca l’alcol?!”
Ma poi arriva Lei, sola,
Si aggira ondeggiando
Come un vento caldo,
Di nero vestita
Porta doni,
Uno alla volta,
DO UT DES.
Tutto a un tratto: u paradisu.
Bianca è la luce.
Credo nella calma dopo il cammino
Ma anche qui non c’è riposo.
Chi è rimasto laggiù,
Animi Santi e Tutti li Santi, niatri simu suli e Vuiatri siti tanti. Livatimi stu malumuri e tutta sta cunfusioni chi avemu ‘nta u nostru cori.
In una coreografia di gesti letterali.
Edificiu sacru.
Hai monetine? Per la luce perpetua.
Le bollette, è rotto!
Dammi altre monetine.
Si spegne subito!
Monetina.
un’altra
un’altra ancora
non bastano
cerca bene
in fondo alla borsa.
E pigghiari tutto! Pure la borsa!
Che tanto Lei ci porterà via nudi,
Come la virgogna.
A tale for children
April 2023
William, Kate and the camel, maybe
William and Kate opened their little dark brown eyes. It was the first day of the summer holidays. Sun rays going through the window were lighting up their bunny muzzles. The first thing they thought was: “SCHOOL-IS-OVER!” William, who was sleeping at the top of the bunk bed, looked down at Kate’s bed. She was already smiling, which made him even happier. A sense of excitement fired up their furred bodies, so they hopped out of bed. William was a 7-year-old dark grey rabbit, he was almost 15 cm long, which was impressive for his age. He was the funniest bunny in his class and was very proud of that. Kate, the younger sister, was now 5 years old and was so pretty with her light grey fur. She was almost 12 cm, very brave and adventurous.
As their little paws touched the floor, they started hopping around the room. They couldn’t wait to plan the summer full of games and fun. They even forgot to look at themselves in the mirror and brush their furs! The two yellow combs remained on the shelf as they ran downstairs for breakfast. Taking care of the fur was the first thing they would usually do in the morning, as their mum taught them. It was the secret to shiny and soft fur. Mum told them it was a very special recipe from Grandma Cloe, who was living in Libya. They never met her and were imagining her as the rabbit queen of the desert, the most beautiful and wise of all, who knew ancient and lost knowledge.
As they arrived at the table, mum and dad were already eating the usual portion of hay with carrot-flavored milk. They sat down glowing, full of energy.
“I can see the school is over, hey!” said dad, noticing the enthusiastic expression on the two little muzzles. “Fair, but this summer you’ll be in Libya with Grandma Cleo.”
“Pack your bags, our flight is today at lunchtime. Remember, it’ll be very hot, make sure you bring all your lightest clothes,” said mum.
“What?!” Kate said. She sounded upset but also curious and her little tail started to move, manifesting her excitement. She just wished she got told earlier.
“It’s time you go meet Grandma Cleo. We’ll bring you there and then you’ll remain for the summer.”
Back in their bedroom, William and Kate exchanged complicit looks, they have always been partners in crime for fun and knew deep down that Libya was a great occasion. They stuffed their little luggage with shorts and T-shirts. Undies, socks, shoes, a light jumper, combs, and shampoo. They were ready to go and waited at the door, Kate with her orange luggage, and William with the green one.
The flight was 6 hours long. But why not enjoy this time as well? Just after departure William hopped out of his seatbelt and started jumping on people’s heads. Mum was desperate to get him back to his seat, but he was so agile. From thick golden curls, he jumped to an egghead. It was so slippery that he fell and hit the nose of the old man, who burped for fear! In the meanwhile, Kate was running up and down the aisle. She was determined to make her speed record. Passing through the hostess’s legs she made her trip over and landed with her face in the food tray.
The 6 hours passed so quickly; they didn’t even realize they landed. Out of the plane, the first thing they noticed was the unbearable heat.
Grandma Cleo was an old fat lady rabbit, with glasses and an apron. Completely the opposite of the African Rabbit queen with a crown they imagined. But she was so sweet and hugged them tightly. They almost suffocated in the fat of her belly! But it didn’t matter because they were compelled by the smell of caramelized carrots: their favorite dish!
“Oh, my lovely pumpkins! How nice to see you! Mum told me a lot about you! You look fabulous, and oooh so sweet!” and hugged them again “Come to the kitchen, you must be hungry after the travel.”
After a delicious lunch, they went to their room to unpack the luggage. Socks, shoes, shirts, shorts, comb…but no toothbrush! Oh no!! Grandma Cleo lived in the middle of nowhere, the house was surrounded by the desert. Where could they find a shop?
But they needed the toothbrush, the first rule for rabbits was to take great care of their two big front teeth. They couldn’t stay too long not brushed or they would deteriorate quickly. They had to find a solution. So, they left the house.
As they start hopping around, they could only see dunes. They looked at one another a bit worried. After half an hour all they could see were some scattered houses and the desert. Maybe they went in the wrong direction.
Suddenly William, who was hopping in front of Kate, saw in the distance the shape of a camel. Wow. He stopped immediately struck by the view. The two humps on the back stood out in the blue sky. And they looked like the perfect seats. After all, they were quite tired after the trip, and he was a local: he must know where to find a toothbrush.
They hopped so fast to get to him. But once there, the camel didn’t notice them and remained still, looking at the horizon. William started jumping the highest he could. As his little ears appeared in front of the camel sight, he finally noticed him. Taken by surprise and kind of scared he took a step back and farted! Kate and William had a little laugh. Then the camel started studying William. He went very close with his muzzle and all William could see was a huge funny muzzle, with a big mouth. He also didn’t have a pleasant smell, he probably had not washed for a while.
A bit hesitant, he said ‘Hi…my friend…I’m William. I see you need a wash…We also do, need to brush our teeth. We forgot the toothbrush back home…Can you help us find a shop?’
Kate started laughing so much that she fell on her back. William didn’t realize that the camel would speak another language. How stupid of him!
But it was then that the camel noticed Kate. He was surprised to see two, and looked back at William, with a questioning expression. William decided to mime it, maybe this way he would understand. He opened his mouth as much as he could, showed him his front teeth, and rubbed them with the little paw.
The camel moved his head with surprise. He didn’t know other animals had big front teeth, like camels. So, he smiled to show his. Both Kate and William jumped back, they couldn’t believe what they saw with their little brown eyes. The teeth were huge, probably 5 cm long and 2 cm wide. This was unbelievable.
In the meanwhile, the camel had sat on the sand, so William and Kate jumped on the humps.
“Do you think he understood where we want to go?” asked Kate.
“Mmm…yes, I think so…” William replied.
The camel stood up and started walking with a wavy movement and slow steps. The back was quite comfy, it felt like on a hammock, and they fell asleep.
Kate was dreaming of clean teeth when she opened her eyes, hoping to see a shop in front of her.
But no, she found an oasis.
As crazy as it may sound, the camel did understand they wanted to brush their teeth but, the poor creature didn’t know about the existence of toothbrushes. He never used one and would never need it either! Its teeth were way more solid than rabbits’ and didn’t need any care. He thought that with a swim in the pond, they would get the situation solved. He wasn’t too far; they needed a wash, but fresh water wasn’t enough!
But it didn’t matter, the beauty she found in front of her eyes was unbelievable, for a moment she thought she was still dreaming. She had to wake up William.
She hit him with her little paw, and the brother got scared and almost fell from the camel’s back. He was about to complain when he saw a turquoise lake, surrounded by long palms and tropical trees. And all around, golden desert.
The camel brought them through the trees right next to the lake. And instead of letting them get off their back, thought it’d be quicker to throw them in the lake. He bent his long legs and as he straightened them suddenly the two rabbits flew off his back into the middle of the lake.
Unprepared and surprised, but also still feeling the desert heat, they did enjoy the little bath and when they came out of the water found the camel sitting on the lakeside, laughing out loud about the prank.
“He’s a funny guy!” Kate said, beginning to laugh.
They swam outside the lake and sat next to the camel to enjoy the moment.
With this moment of calm, the camel lay on his belly and fell asleep. He must have walked for a long time to get there.
Kate and William looked at the strange creature and wanted to talk to him. Indeed, it was a unique occasion, they would never meet a camel back home. They tapped on his leg, but no answer. They did it again, a bit stronger, but the camel seemed to sleep so heavy he wouldn’t hear anything.
Brother and sister looked at one another, then Kate said: “You try!”
Without hesitation William hopped and landed on one of the humps, which exploded, waking up the creature and provoking in Kate the biggest laugh she had in a while. Also, the camel did not show any sign of pain but put on a huge fake smile. The reaction made William laugh.
The camel was indeed a dromedary but everyone in the desert knew two humps looked better than one. The creature here wanted to be a camel and was faking it, but the two smart rabbits uncovered him. But the camel (now dromedary) was such a lovely animal and didn’t do it with bad intentions, so William and Kate jumped on him and hugged him tightly.
They didn’t find the toothbrush, but they found a friend.
The rest of summer was one they’ll never forget, and this was all thanks to dromedary Merb.
Copywriter
SiciliaMia
January - March 2022
Abandoned walls between pine trees
The magic atmosphere of Hotel La Pineta
Mysterious atmosphere, 4500 m2 of dreams of prosperity surrounded by pine trees, today the symbol of decadence. It’s the Hotel La Pineta, located in Monte Arcibessi, outside Chiaramonte Gulfi and close to the famous sanctuary of Maria SS. di Gulfi.
From prosperity to decline
It is 31st December 1970, and the hotel La Pineta with restaurant, pizzeria, bar, and a club opens the door to the public for the first time. From here, the big success between the ’70 and the ’90, as the hotel becomes a landmark for young people in the province and the huge club inside, called Popi-Popi generates a huge touristic flow from the nearby provinces as well. Holiday destination for numerous famous people and location for the movie ‘La banda Vallanzasca’ by Mario Bianchi.
It is 1994 and the prosperity ends. The owner passed away and the hotel was sold. Various vicissitudes, turnovers of responsibilities and bureaucracy complications brought its decline, and no other project began in this location. Left unguarded and with no maintenance, the hotel is progressively abandoned. A piece of this area’s history, the hotel
A walk in the glorious past
“I’m walking through the dismissed corridors, and I’m carried away in a third dimension, where I can feel the popping atmosphere and I see lights, people, a festive air around me. I don’t need to imagine it, because I feel it in the air”.
The hotel is in rustic style, in line with the surroundings, bit it has some refined characteristics, such as the huge chimney you can admire in the main hall. Everything inside seems in stand-by, temporarily frozen, as if someone pressed the pause button and the life of this place suddenly stopped. It feels like life was here until yesterday. Some elements, such as restrooms and plates are exactly where they were left.
The phantom and the owner
The legend narrates that the owner, a merchant before starting the new business of the hotel, met a phantom in his dreams. This one told him a place where a treasure was buried, in Sicilian “a truvatura”, forcing him to invest his money to build something right there.
The prosper years of the place corresponded to the ones of the owner and when he started being sick, the place began its decline as well.
And so, the birth, success, decline and death of the hotel are connected to the ones of the owner. The creature dying with its maker, taking away from the area an important part of its history: an hotel crossed by millions of people and shielding numerous stories between its walls forever.
Freelance Copywriter
ICS-Digital
February 2022 - November 2023
Articoli in italiano di:
- Finanza
- Scommesse sportive
- Viaggi
Possibilità di condivisione su richiesta
